Come nasce un’OperaViva
Creare un’OperaViva significa dare vita a un piccolo mondo racchiuso in pochi centimetri di legno. È un processo che unisce progettazione, manualità, pazienza e una buona dose di amore per il dettaglio. Ogni fase ha un suo ritmo e una sua energia, e solo mettendo insieme tutti questi passaggi si arriva al risultato finale: una miniatura unica, pronta a essere custodita, vissuta e raccontata.
Dall’idea al blocchetto
Il viaggio comincia da un blocchetto di legno di tiglio americano, scelto per la sua qualità e per la facilità con cui si lascia lavorare. Si tratta di pezzi già pronti per l’intaglio, di dimensioni standard (2,5 × 2,5 × 10 cm), che divido in due parti con l’aiuto di un seghetto manuale per legno. Questo gesto semplice mi permette di ottenere da un unico blocco due opere, quasi come se ogni pezzo contenesse già in sé una storia in attesa di emergere.
Una volta ottenuti i blocchetti, inizia la fase di progettazione. Appoggio il legno sul mio Remarkable, ne traccio i contorni e inizio a dare forma al progetto. Disegno il soggetto su due, tre o più prospettive, così da avere chiaro non solo il fronte ma anche i lati e le proporzioni complessive. È come creare una piccola mappa, un piano che mi guiderà durante tutto il lavoro.
Infine, trasferisco il disegno sul blocchetto stesso, a mano libera, con una semplice matita. In questo momento il legno smette di essere un oggetto neutro e inizia a trasformarsi in potenziale: la traccia di ciò che diventerà è lì, pronta a essere scolpita.
L’intaglio: dal grezzo alla forma
Questa è la parte più lunga e intensa del processo. Prendo il coltello da intaglio e comincio a togliere il grosso, rimuovendo strati di legno e definendo le aree principali. Non penso ancora ai dettagli: in questa fase conta stabilire i volumi, le proporzioni e la struttura di base. È un lavoro che richiede concentrazione e pazienza, perché ogni taglio deve seguire le linee del progetto e accompagnare la venatura naturale del legno.
Quando la forma complessiva è chiara, passo a una fase più raffinata. Inizio a smussare curve, ad abbozzare dettagli e, se necessario, correggo le proporzioni. A volte capita di dover ripensare alcune parti, ad esempio ridimensionare la testa, accorciare un braccio o ridefinire le mani. È un continuo dialogo con il legno: io lo guido, ma è lui a suggerirmi i limiti e le possibilità.
Una volta completato l’intaglio, prendo la carta vetrata. Questo passaggio serve ad ammorbidire le superfici, eliminare i segni più duri del coltello e levigare gli spigoli. Non tutte le opere lo richiedono nella stessa misura, ma in generale questa fase aiuta a rendere l’opera più armoniosa. Per rimuovere la polvere residua utilizzo una spazzola, così il legno torna pulito e pronto per la pittura.
Il colore prende vita
Arrivati a questo punto, l’opera inizia davvero a respirare. Scelgo con cura i colori acrilici, li mescolo per ottenere le sfumature desiderate e preparo i pennelli più piccoli, da 0 a 3, per poter lavorare con precisione sui dettagli. La pittura non è mai un passaggio rapido: ogni strato deve asciugare prima che possa applicarne un altro. Questo mi permette di rafforzare i colori, di sovrapporre nuove tonalità e di realizzare piccole correzioni.
Dipingo sempre a più mani, a volte rivedendo la scelta iniziale dei colori per renderla più coerente con l’idea originale o con l’emozione che voglio trasmettere. Pennellata dopo pennellata, l’opera comincia a trasformarsi da semplice scultura in un vero personaggio, con un volto, un carattere e una storia da raccontare.
La protezione della cera
Il legno, per quanto lavorato e dipinto, resta un materiale vivo. Per proteggerlo applico la cera Novecento solida gialla, che dona una finitura naturale, leggermente lucida e piacevole al tatto. Il processo è metodico: stendo uno strato sottile con un pennello, attendo circa mezz’ora, e ripeto l’operazione per tre volte. Dopo ogni applicazione passo un panno di lana naturale, che inizia a lucidare e uniformare la superficie.
Alla fine di queste tre mani, lascio riposare l’opera per una notte intera. Il giorno dopo riprendo il lavoro: un nuovo strato di cera, un’altra passata con il panno di lana, ed ecco che la superficie acquista una brillantezza morbida, che esalta i colori e protegge il legno.
I dettagli finali
Con la finitura completata, aggiungo l’anellino portachiavi. È un passaggio che sembra semplice, ma richiede attenzione: l’anellino con vite va inserito a mano, senza forzature, per non rischiare di danneggiare l’opera. Una volta fissato, aggancio anche l’anello principale e lo testo con leggere sollecitazioni, per assicurarmi che sia saldo e resistente.
A questo punto l’opera è pronta per essere mostrata. Realizzo le foto ufficiali e un video a 360°, materiali che verranno caricati sul sito e associati all’NFT. È un momento importante, perché permette a chiunque, anche a distanza, di apprezzare la miniatura in ogni suo dettaglio.
Packaging, NFT e radici reali
Ogni OperaViva viene preparata con la stessa cura dedicata alla sua creazione. Dopo la finitura, la miniatura viene adagiata in un sacchetto di iuta, appoggiato su un letto di paglia naturale e inserito in una scatola in carta riciclata che porta il logo del progetto. Non è un semplice imballaggio: è parte integrante dell’esperienza, un segno di autenticità e attenzione alla sostenibilità che accompagna ogni opera fino nelle mani di chi la riceve.
Ma la consegna non si limita a un oggetto tangibile. Al momento dell’acquisto, ogni OperaViva viene infatti certificata con un NFT su blockchain Polygon, che ne garantisce unicità e tracciabilità nel mondo digitale. In parallelo, viene piantato un albero su Treedom, radice viva che cresce nel tempo e diventa simbolo concreto dell’impegno ambientale del progetto.
In questo modo, chi acquista un’OperaViva non porta con sé soltanto una scultura, ma anche una promessa: un legame tra artigianato, tecnologia e natura, capace di durare e trasformarsi nel tempo.